09 dicembre 2010

Il grande puffo

Ora. Non so bene come poter categorizzare questo post che scaturisce direttamente da una serie di convulsioni da me provate qualche sera fa.
Il mio veterinario (lasciate stare i medici e buttatevi sui veterinari: costano meno, vi fanno un sacco di carezze e se gli rompete i coglioni vi dicono solo "A cuccia, bello". E la febbre la provano col termometro rettale) ha provato a spiegarmi che le convulsioni sono semplicemente una  reazione positiva del vostro fisico ad un fatto sconvolgente. Che le convulsioni sono lì a dimostrare che a) avete un fisico (non sapete cos'è un fisico? E' quella cosa risibile che avete attaccato alla testa e che le donne/uomini si rifiutano di toccare anche solo con un bastone lungo 5 metri per non meno di 100 euro a botta); b) questo fisico spesso se ne sbatte di una qualsiasi forma di controllo che voi possiate esercitare (come quando ordinavo al piede di calciare un pallone a destra e quello se ne fotteva e lo mandava a sinistra e allora io mi inventai un piano per fregarlo e ordinavo di mandarlo a sinistra quando in realtà volevo veramente che andasse a sinistra, piano che non funzionò per non ben precisati motivi). 
Questo post allora, diciamo, rientra nella categoria "Fatti Personali" o, per dirla alla francese, tranche de vie (tronchi di vita), che in effetti possono essere di insegnamento per chiunque. Come quando uno posta su un blog che ha messo una mano spalmata di burro nell'acqua bollente perché gli hanno detto che così non si scotta e poi si ritrova a scrivere il suddetto post con una sola mano essendo l'altra incredibilmente simile ad un'aragosta nel periodo della muta e allora chi lo legge pensa "Ah, allora non bisogna mettere la mano imburrata nell'acqua bollente". Cioè, è qui tutta la forza di internet.
Quella dell'acqua bollente l'ho già detto, mi pare.
Quindi vi dico l'altra cosa. 
Ho visto il Puffo.
Il Puffo è un mio vecchio amico carissimo di cui non ricordo il nome e nemmeno come ci siamo conosciuti e perché ci siamo conosciuti. Però quando lo vedo mi ispira una simpatia immediata ed è la dimostrazione vivente della parola empatia. E' uno che sorride tanto senza sembrare preso da una paresi facciale ma perché pare effettivamente divertirsi. Ho ricordi sparsi e confusi di tronchi di vita con lui: orrende partite di calcetto (era come mettere un gruppo di ebefrenici in un rettangolo delimitato e lanciare in alto una palla e chiudersi gli occhi per un'ora sperando si facessero il meno male possibile); forse, dico forse, serate a casa di qualcuno a suonare la chitarra limonandosi mentalmente tutte le ragazze presenti.
Parlo di cose del secolo scorso (che, per precisione, non è l'800). E difatti erano anni che non lo vedevo. E in una serata in cui la nebbia sembrava panna montata ma molto più unta, in un locale detto Area Sismica (non penso sia il nome dato dai gestori, si è su una specie di faglia di Sant'Andrea meno sicura) le cui indicazioni per arrivarci sono "Chiudi gli occhi e usa la Forza o un Navigatore", ho rivisto il Puffo.
Che è in gran forma. E lavora (è uno molto old school). E lavora precisamente per l'ANIC. Gira il mondo a seconda di dove lo mandano: piattaforme petrolifere nei mari del Nord; centrafrica; Asia. Sta via dai 3 ai 6 mesi, lo strapagano, torna a casa e aspetta che lo richiamino. Liscio liscio. Facile facile.
E' necessario, a questo punto, spiegare cosa significa concettualmente "Lavorare  all'ANIC" per chi non è delle mie parti. Siamo cresciuti in una zona che è piena di subsidenza e di metano. Cioè, una terra del cazzo le cui capacità d'esportazione erano vagamente limitate alla malaria e ai finti mosaici, e la cui capacita comunicativa era ridotta al grugnito. Una terra piatta col sottosuolo a groviera e piena di quel gas che ha l'odore delle scorregge (da qui il verbo Ravennare; es. "Scusa, ho mangiato fagioli e sto ravennando come un ossesso"). Poi è arrivata l'ANIC. E non avendo la tecnologia per catturare le scorregge e trasformarle in energia, decise di provare col metano. E ha fatto delle industrie qui da noi. E tanta gente è andata a lavorarci trattenendo le proprie ravenne per non incuriosire di nuovo i dirigenti. Poi l'ANIC s'è fatta ancora più grande e a ha avuto bisogno di gente che andasse nei suoi impianti in giro per il mondo. Ti facevano sventolare davanti alla faccia delle mazzette immorali di soldi e chiedevano "Ti va di partire? Non hai problemi con la famiglia?". "Ma quale famiglia del cazzo" era la risposta media. E così noi giovani siamo cresciuti col mito del "Lavorare all'ANIC". Nel nostro immaginario, uomini sicuri e abbronzati partivano pieni di soldi per terre esotiche, ravennando liberi per i 4 continenti. E le famiglie a casa si facevano le ville e i macchinoni mentre noi giovani cercavamo di farci le figlie il cui laccio familiare era inevitabilmente assai sciolto. 
Quello che avevo davanti, quindi, era una figura retorica fattasi uomo, un mito come lo sceriffo o l'infermiera porca, che stava bevendosi un coca e rum e intanto sorrideva e mi chiedeva come va. Come va a me non ha nessunissima importanza, questo è chiaro. Come cazzo va a te, Puffo? 
Va che a volte è dura, che i soldi sono tanti ma sei anche spesso a casa ad aspettare che ti chiamino, che mi piacerebbe avere un posto fisso all'ANIC a Ravenna ma anche lì la solita storia, devi essere figlio o cugino di qualcuno. 
E va che coi colleghi la cosa è strana.
Definisci strana, Puffo. 
Beh, molti sono signori di una certa età, 50 o 60, e fanno 'sto lavoro da una vita e hanno la famiglia a casa che vedono ogni morte di Papa e il loro conto in banca ha cifre vicine ai paperdollari e le loro abbronzature hanno il colore del mattone bruciato.
Questo non è tanto strana, Puffo.
Beh, e poi sono tutti dei gran mignottari, cioè, vanno sempre a troie, vogliono scopare e scopare e scopare, sembra un documentario sull'iper-sessualità senile, si scoperebbero anche il buco della serratura se fosse riscaldato, si scopano vecchie, giovani e minorenni, a loro non gliene fotte un cazzo, ci sono delle ragazzine che vanno in certi locali e tu fai il carino e gli paghi da bere, le porti fuori a cena, gli compri i vestiti e loro si fanno scopare da 'sti vecchi perché è l'unico modo che hanno per farcela.
Non so se è strana, Puffo, ma fa schifo.
Fa schifo pensarci e, credimi, fa ancora più schifo vederli. E non c'è modo di fare niente, fanno tutti così, ho provato a parlare con qualcuno ma non serve a niente. Chi vuole andare a puttane sono fatti suoi. 
Cazzo, a me l'ANIC sembrava una cosa figa, Puffo.
Beh, i soldi e viaggiare sono fighi. E anche quando vai nelle piattaforme. Lì niente puttane. E vedi posti splendidi. Ma come vorrei lavorare a Ravenna. Finalmente a casa.
Ciao, Puffo. In bocca al lupo per tutto.
Ci siamo stretti la mano e io ho ravennato silenziosamente in un angolo.

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