30 aprile 2007

La fine del mondo

L'IncredibileOggi pomeriggio, o forse era stamattina -chissà- parlavo con mia suocera.
Eravamo da ore in una sala d'attesa; sono situazioni in cui, dopo aver scrutato ogni pixel del muro della stanza e aver riletto lo stesso giornale 164527 volte, ci si riduce a parlare persino con una suocera.
Lei mi faceva notare come certe emozioni siano difficili da fissare e comunicare in altro modo che non sia lo scrivere una lettera.
A mano, of course.
Non si parla qui di e-mail o comunque di scrivere al computer, si tratta proprio di flussi emotivi che partono dall'anima e senza interferenze, traduzioni o passaggi intermedi divengono inchiostro.
Lei sosteneva che la parola, quella parlata, mal si adatta a certe situazioni e comunque che non c'è parola parlata che valga quella scritta.
A mano.
Io credo di esser d'accordo, quella lettera di molti anni fa che ho postato sul blog qualche tempo addietro ne è la dimostrazione più evidente.
La lettera ha perso la sua diffusione come mezzo di comunicazione, ma ne mantiene intatto il fascino antico.
Leggere una lettera autografa è come sentire un profumo: può portarti indietro di anni, di decenni in un solo istante.
Una specie di teletrasporto virtuale, una navicella spaziale verso passati universi pressochè dimenticati.
Rileggere una lettera può voler dire ricordare qualcuno che si era scordato, o ancor più ricordare cosa per quella persona si provava; sentimenti che poi la mente dell'uomo cancella o almeno affievolisce.
Ecco, questo è il punto: scrivere di getto fissa le emozioni vere, e le fa riassaporare identiche quando si legge ciò che di getto si è scritto.
Emozioni che forse non saremmo nemmeno capaci di esprimere parlando, o che comunque se non venissero fissate sulla carta in tempo reale non potrebbero mai più essere espresse o rese nella loro esplosiva pienezza in un secondo momento, nemmeno da noi stessi, che le abbiamo vissute.

Io ad esempio, in questo preciso istante ho il cervello in frantumi, non capisco più niente; ed è per questo che ho scritto queste parole, per ricordarmi per sempre l'incredibile emozione che sta pervadendo il mio cuore e la mia anima ora che sento arrivare dalla sala operatoria qui a fianco il primo vagito di mio figlio che si annuncia alla vita.
La fine del mondo.

baci

26 aprile 2007

La storia infinita

le mura e l'invidiaRicordo che un tempo correvamo felici per i prati oltre alle mura, calciando un pallone che regolarmente, o quasi, ci veniva prima sequestrato e poi forato (o almeno così lui millantava) dall'arcigno guardiano del parco.
Eh già, perchè prima fanno i parchi e poi vietano ai bambini di calpestarli.
Una sorta di peccato originale in erba (appunto) della tenera età.
Sarebbe un po' come se l'inventore del cioccolato avesse detto: guardate, ma non toccate.
Non scherziamo.
In effetti questa storia dei palloni bucati non me la sono mai bevuta fino in fondo: ho sempre sospettato che ci fosse una cupola del riciclo, una cricca di guardiani del parco che di notte commerciasse clandestinamente in palloni usati.
Se solo a quei tempi fosse già esistito e-bay, non avrei avuto dubbi.
Comunque, nelle menti più o meno vergini di noi bambini doveva esistere da qualche parte nel mondo, in un posto sicuramente molto buio e privo di ogni forma di controllo, una spelonca nera piena zeppa di palloni di cuoio e tango di plastica bucati, frequentata da orchi che andavano e venivano, un po' come in un formicaio, trasportando nuovi esemplari ad ogni viaggio verso questa sorta di deposito di sogni spezzati.
Sì, tango di plastica; ché a parte il richiamo ai palloni usati ai mondiali e che ai nostri occhi erano comunque il non plus ultra, il simbolo del calcio professionistico, eravamo pur sempre dei bambini; e non avevamo mica tanti soldini per comprare sempre palloni di cuoio dopo l'ordinaria scena della colletta che seguiva quella -sempre ordinaria- del sequestro del pallone.
A volte per la verità si riusciva a farla in barba al guardiano e ripensandoci sono certo che era tutta abilità e non indulgenza da parte sua.
Si potrebbe pensare che di tanto in tanto questo cerbero infernale si riscoprisse un cuore nella gabbia toracica e "facesse la scena" di non riuscire a prenderci in castagna: vero un cazzo.
Era sempre un vero figlio di puttana, a prescindere dalla faccia che indossava in quel determinato giorno, e le rare volte che riuscivamo a sfuggire al patibolo della pelòta era tutto sudore della nostra fronte e un traguardo faticosamente guadagnato.
A volte era, più semplicemente, culo.
Ma la maggior parte delle volte era una sintesi di qualità individuali e di gruppo che si traduceva in un tempo di reazione quasi nullo all'avvistamento del bastardo.
Si trattava di genio: fantasia, intuizione, colpo d'occhio e velocità d'esecuzione; come direbbero gli amici miei.
Bei tempi, quelli.
Ora non so quale delle quattro qualità mi difetti maggiormente, è una gara dura.
Per fortuna ci sarà sempre un gruppo di bambini che si farà beffe di qualche guardiano, finchè ci saranno bambini e finchè ci saranno guardiani.
E' l'essenza stessa del gioco, è lì che risiede la vita.

baci

21 aprile 2007

Antò..... fa caldo

Miiiii... checcaldoCopio e incollo da un articolo de La Stampa online:

John Howard, il primo ministro australiano che sbeffeggiava i teorici del riscaldamento globale e rifiutava di incontrare Al Gore per una discussione sulle conseguenze dell'effetto serra, ha invitato i suoi concittadini a pregare. Se entro sei settimane non pioverà, l’Australia dovrà bloccare fino al maggio 2008 l'irrigazione dei campi, l'unica misura che potrà consentire alla gente di avere ancora un po’ d’acqua per bere, lavarsi e cucinare. Se Dio non ascolterà le preghiere di Howard, saranno bloccate le chiuse del bacino dei fiumi Murray e Darling, che produce il 40 per cento del cibo dell’Australia e che è grande come Francia e Spagna messe insieme. Milioni di alberi da frutta e di ulivi moriranno, con le piante di riso e di cotone, gli agrumi, le mandorle, i vigneti. Moriranno le pecore e le mucche, e circa 50 mila farmers dovranno lasciare le fattorie che abitano da generazioni in quella che, agli emigrati che la colonizzarono all’inizio dell’800, sembrava una terra protetta dal cielo. Per la prima volta, gli effetti del riscaldamento globale si abbattono in modo devastante su di una nazione sviluppata, una delle più potenti e progredite del mondo. John Howard, come molti altri, pensava che siccità e carestie fossero una prerogativa del Corno d’Africa, che mai ci avrebbero colpito nelle nostre confortevoli case.

Insieme a George Bush, è stato l’unico leader di un paese industrializzato a non firmare il protocollo di Kyoto, permettendo all’Australia di restare in testa alla classifica mondiale del consumo di energia e di emissioni di CO2 per abitante e di progettare come se niente fosse nuove centrali a carbone. Sono bastati sei anni di scarse precipitazioni, aggravate dagli ultimi terribili sei mesi, a mettere il paese in ginocchio. Se gli alberi moriranno, ci vorranno da cinque a dieci anni prima che nuove piante siano in grado di produrre frutta e lo stesso vale per i vigneti e molte altre coltivazioni. I prezzi dei generi alimentari stanno già salendo e i danni per l’economia australiana saranno enormi. Il bacino del Murray-Darling era stato indicato poche settimane fa dalla Fao come uno di quelli più a rischio tra i grandi fiumi del mondo.

Nel rapporto si denunciavano la cattiva gestione idrica che portava ad uno spreco d’acqua e l’evidente brusco calo della portata dei due fiumi dovuta all’evaporazione. La riduzione negli ultimi anni del 60 per cento dei raccolti e i suicidi di decine di agricoltori che avevano perso tutto hanno lasciato il governo insensibile, fermo a scrutare se nel cielo fosse in arrivo qualche nuvola che avrebbe risolto tutto. Solo il mese scorso, a pochi mesi dalle elezioni federali, è stato approvato un piano per centralizzare la gestione dei fiumi (che era affidata a quattro stati diversi), per coprire i canali e ridurre gli sprechi. Se non pioverà, il piano, già presentato con drammatico ritardo, non servirà a nulla. Howard ha annunciato che invierà la polizia e l’esercito lungo i fiumi, per garantire che la poca acqua rimasta arrivi alle case di Canberra, Adelaide e Melbourne. La settimana scorsa, il segretario agli Esteri inglese, Margaret Beckett, aveva presentato al Consiglio di sicurezza dell’Onu un rapporto nel quale si sottolineava il pericolo di conflitti armati dovuti al riscaldamento globale a causa della mancanza d’acqua, di cibo e di terre coltivabili. Nel Darfour, un conflitto già devastante è stato aggravato dalla lotta tra arabi e africani per la conquista dell’acqua disponibile e anche il governo australiano si prepara a quanto pare ad affrontare una simile emergenza. In Australia sta arrivando l’autunno, che dovrebbe placare la forza del Niño, la corrente del Pacifico considerata responsabile della siccità. Ma tutti gli esperti sono concordi che dovrà piovere molto a lungo per rimediare all’attuale situazione e le previsioni non sono favorevoli. Rimasta immobile per sei anni ad aspettare che finalmente le stagioni tornassero come prima, l’Australia rischia di diventare un drammatico simbolo per tutte le altre nazioni industrializzate del mondo e per le loro politiche ambientali. Come ha scritto con un gioco di parole l’Independent di Londra, quello che sta accadendo in Australia non è «global warming» (riscaldamento globale) ma «global warning»: un avvertimento per tutti.

19 aprile 2007

Ho messo via una foto

Flashback: in macchina un paio di mesi fa. Io e Cristina, insolitamente senza bimbi al seguito (erano dai nonni). Accendo la radio, alzo un po' il volume, c'è una bella canzone di Ligabue. Passano un paio di minuti e commento: "Certo che dovrebbe rinnovarsi un po'. Questa canzone mi ricorda quelle che faceva 10-15 anni fa" [N.d.R. Non che la produzione del Liga, in effetti, eccella per varietà, nè!] E Cristina: "Ma sei fuori? Questo è Tiziano Ferro". Stavo per risponderle "a tono", ma, prestando maggiore attenzione al canto, mi accorgo che sì, ha ragione lei, quelli sono gli inconfondibili gorgheggi di Ferro. Eppure, la tonalità, quegli accordi lì, quel modo di suonare la chitarra mi sanno proprio di Ligabue. Un caso di plagio? Già, ma non mi viene in mente la canzone da cui il nostro Tiziano ha attinto. A qualcuno però è venuto in mente:

Max3
P.S. Prevengo i sicuri commenti dei musicisti del blog: Se vogliamo scendere nel "tecnico" (per quanto possa essere tecnico uno strimpellatore scarso come me) è pur vero che con quella stessa sequenza di accordi base (Sol-Do-Mi minore-Do-Re) sono costruite decine di canzoni, tuttavia entrambe le canzoni presentano 2 variazioni a questa sequenza e, anche in questi casi, gli accordi sono esattamente gli stessi (Si minore-Do-Mi minore-Do-Re e Si bem-Fa-Re). Coincidenza?
Maddài.

13 aprile 2007

Dai dai va là

Esattamente un anno fa, il 12 aprile 2006, dato che come al solito non c'avevo un cazzo da fare, avevo guardato la mia palla di cristallo (o il mio coglione artificiale, come direbbe Bergonzoni) e mi ero messo a divinare sul futuro del nostro operatore telefonico nazionale.
Controllate, se proprio non vi fidate, QUI.
Mi viene in mente il comico genovese quando parla della vicenda di quelli che facevano il latte nella città emiliana e dice che a un certo momento è stato convocato dai quei signori in toga che gli hanno chiesto come faceva a sapere tutto un anno prima.
Lui ha risposto: "ma io scherzavo", perché in fondo è pur sempre un comico.
In realtà lo sapeva perchè aveva tenuto gli occhi aperti e si era informato e gli giravano le palle, non perché scherzava.
Lo stesso io.
Uguale uguale.
Con la differenza che io scherzavo.

baci

12 aprile 2007

Punti di appoggio

Fa' che non esplodaNon so voi, ma a me questo sembra un periodo in cui non ci sono più certezze.
Non solo non sono nemmeno sicuro che El Gato sia ancora vivo (Gato, dovecazzosei?) ma questa crisi di identità e di punti certi di riferimento me la ritrovo un po' dappertutto, guardandomi intorno.
Da oggi il crucco con la linguaccia e i capelli elettrici non è più quello che ha scoperto che l'energia è un mix di massa e di velocità pazzesca al quadrato, la Ventura non fa più audience con la sola ingombrante presenza del suo ego e la Roma prende 7 palle a Manchester dopo una stagione di calcio fantastico.
Capite cosa intendo?
Da quando siamo bambini, cerchiamo punti di appoggio e certezze.
Ce le costruiamo faticosamente.
Ci affidiamo a queste certezze come i naufraghi alle scialuppe di salvataggio.
E poi, puttanadiquellaeva, ogni tanto cadono a grappoli come uva che è marcita a forza di covare sicurezze.

E noi giù con loro.
A me normalmente questi momenti capitano nelle feste comandate, forse in un'altra vita ero un diavoletto perciò di norma la pago a Natale e a Pasqua.
Ma una cosa in tutti questi anni l'ho capita: quando si vince è facile andare avanti.
Quando si perde, è doveroso.

baci

05 aprile 2007

Brividi

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